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Sei “Vaccini” per i virus della società

Avvenire - è Vita, la persona e la cura
9 Dicembre 2021

di Paolo Lambruschi 

La compassione e altre sei parole chiave per uscire dall’emergenza. Dall’ultima sessione del convegno Cei su «Chiesa salute mentale» di sabato 4 dicembre alla Lateranense sono arrivate le indicazioni degli esperti per impostare una nuova forma di relazione con i malati. Non è una questione di vocabolario, ma di concetti base per ricostruire. Il quadro resta preoccupante in Italia, con stime allarmanti sui danni provocati dalla pandemia (probabilmente un milione in più di persone sofferenti di vari disturbi psichici) che tra lockdown, zone rosse e paure ha colpito trasversalmente.

Un panorama complesso che pone il bisogno di regole fondamentali per riprogettare il futuro. Anche in vista di un manifesto del benessere e della salute mentale per il 2025, come ha detto Alberto Siracusano, direttore del Dipartimento Benessere della Salute mentale e neurologica all’Università di Roma Tor Vergata. Per Siracusano sono sei le parole chiave del manifesto della ripartenza che gli operatori dovrebbero adottare: ascolto, empatia, temperanza, rispetto, gratuità e perdono. «Nel manifesto – ha spiegato – dobbiamo fare un grande sforzo culturale e di unione». Parole controcorrente perché «parlare di ascolto in una società sorda,

di empatia in una società narcisistica e priva di comprensione, di temperanza nella società dell’eccesso, di rispetto nella società del bullismo e della rabbia incontrollata verso gli altri, di gratuità nella società del profitto, di perdono nella società della vendetta, sembra una provocazione: ma dobbiamo farlo come Chiesa». Il denominatore comune è il modo con cui si imposta la relazione con il paziente, «che deve partire dalla compassione – ha aggiunto Luigi Janiri, ordinario di Psichiatria all’Università Cattolica di Roma e presidente della Federazione italiana delle Associazioni di Psicoterapia – nel rispetto dei ruoli tra paziente e medico, ma con una profonda empatia». La compassione è la 'cifra' del buon samaritano, come ha concluso lo psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi, direttore sanitario dell’Istituto don Guanella. Il samaritano ha riconosciuto il dolore, l’ha accolto e ha assunto un impegno concreto verso quella sofferenza, aprendo una porta sul futuro. «Azione cruciale in una pandemia caratterizzata da un tempo sospeso nel quale la capacità di pensare al futuro è paralizzata dall’incertezza».

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