di PAOLO BENANTI
Fa molto pensare un articolo uscito questa settimana sulla prestigiosa rivista Nature in cui si analizza come la medicina stia vivendo una rivoluzione a opera dell'intelligenza artificiale. Uno dei fattori chiave sono i cosiddetti modelli generalisti emergenti, che potrebbero superare alcuni limiti degli strumenti di apprendimento automatico visti finora.
Gli strumenti basati sull'intelligenza artificiale fanno sempre più parte dell'assistenza medica: più di 500 sono stati autorizzati dalla Food and Drug Administration (Fda), l’ente statunitense delegato ad autorizzarne l'uso in medicina. La maggior parte riguarda la diagnostica per immagini, utilizzata per migliorare le immagini, misurare le anomalie o segnalare i risultati dei test per il follow-up. Le indagini di Nature mostrano che, sebbene molti medici siano a conoscenza degli strumenti di IA clinica, solo una piccola percentuale – tra il 10% e il 30% – li ha utilizzati. Ma sembra che stia crescendo l'entusiasmo per un approccio chiamato di AI medica generalista. Si tratta di modelli addestrati su serie massicce di dati, proprio come i modelli che alimentano ChatGpt e altri chatbot di AI. Dopo aver ingerito grandi quantità di immagini e testi medici, i modelli possono essere adattati a molti compiti. Mentre gli strumenti attualmente approvati svolgono funzioni specifiche, come il rilevamento di noduli polmonari in una tomografia computerizzata del torace, questi modelli generalisti si comporterebbero più come un medico, valutando ogni anomalia e assimilandola in qualcosa di simile a una diagnosi.
Nature racconta che questi modelli potrebbero superare alcune delle attuali limitazioni dell'IA a uso medico e un giorno potrebbero superare i medici in alcuni scenari. Ovviamente c'è un lungo cammino da percorrere prima che questi strumenti possano essere usati per l'assistenza clinica nel mondo reale. Un esempio di come gli strumenti di IA potrebbero superare le capacità umane è per prevedere le risposte tumorali all'immunoterapia. Si ritiene che il microambiente tumorale – l'ambiente di cellule cancerose, non cancerose e immunitarie che può essere campionato con una biopsia – influenzi la risposta di un individuo a vari farmaci antitumorali. Se si potessero vedere milioni di pazienti che hanno già assunto un inibitore del checkpoint o un'altra immunoterapia, e si osservassero i pazienti che rispondono in modo eccezionale e quelli che non rispondono, si potrebbe iniziare a discernere molti di questi modelli che un esperto umano potrebbe non essere in grado di vedere.
Tra facili entusiasmi e radicali scetticismi, a noi sembra importante la cura della salute e il rispetto della persona umana. Le capacità terapeutiche migliori sono solo da auspicare ma la via per raggiungerle non è indifferente. Mai come ora abbiamo bisogno di algoretica per cercare di evitare di imboccare strade di cui un giorno potremmo pentirci per il costo in dignità delle persone e in vite umane che hanno comportato.