di Simona Verrazzo
In Australia la «morte medicalmente assistita » avanza all’interno dei singoli Stati, pur restando il divieto a livello federale. Il Queensland è l’ultimo Stato ad aver approvato – il 16 settembre – una legge in materia: il Parlamento del capoluogo Brisbane ha votato con 61 sì contro 30 no. Sulla consultazione era stata data libertà di coscienza, mentre la premier laburista Annastacia Palaszczuk ha da sempre pubblicamente sostenuto la legge.
Il testo del «Voluntary Assisted Dying ( Vad) Bill», che entrerà in vigore nel gennaio 2023, prevede che possano richiedere l’eutanasia quanti hanno compiuto 18 anni e con un’aspettativa di vita non superiore ai 12 mesi. Il paziente dovrà essere visitato da due medici e presentare tre richieste successive. Il margine di un anno è stato uno dei punti più contestati durante gli interventi
prima del voto. David Crisafulli, leader del conservatore Partito nazionale liberale, ha ricordato come a fronte dell’ipotesi dei 12 mesi di aspettativa di vita le cure palliative vengono spesso fornite soltanto quando l’orizzonte non supera i tre mesi e dunque non possono diventare una vera alternativa come invece sono.
Il Queensland diventa il quinto Stato australiano ad approvare la morte medicalmente assistita, dopo Victoria, Australia del Sud, Australia dell’Ovest e Tasmania. Attualmente soltanto il Nuovo Galles del Sud non ha ancora legiferato in materia, sebbene vi sia un progetto di legge che verrà presentato entro ottobre dall’indipendente Alex Greenwich al Parlamento di Sydney. Oltre a questi sei Stati vi sono il Territorio della Capitale australiana Canberra e il Territorio del Nord, direttamene dipendente dalla stessa capitale. Proprio il Territorio nel Nord approvò, nel 1995, il primo testo al mondo sulla morte medicalmente assistita, salvo poi essere bloccato dal governo centrale.
Nel Queensland all’indomani del voto si è nuovamente schierata contro la legge la Chiesa cattolica, attraverso monsignor Mark Benedict Coleridge, arcivescovo di Brisbane e presidente della Conferenza episcopale australiana. E anche nel Nuovo Galles del Sud è iniziata la mobilitazione del movimento in difesa della vita, con l’arcivescovo di Sydney, Anthony Colin Fisher, che ha chiesto di «battersi» contro «leggi che non proteggono i malati e gli anziani vulnerabili». L’attenzione si sposta ora sul Nuovo Galles del Sud, dove in ottobre inizierà l’iter legislativo per la discussione del testo.
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