di ROBERTO COLOMBO
La notizia della produzione e dello sviluppo, un poco oltre quello corrispondente a due settimane dalla fecondazione, di embrioni umani designati come “sintetici” è rimbalzata nei giorni scorsi dal Congresso di Boston della Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali su tutti i massmedia, ha aperto un dibattito sul valore scientifico del risultato e ha suscitato interrogativi sulla liceità o meno di questo genere di esperimenti embriologici. Per una loro valutazione etica dirimente non ci aiuta solo lo scopo per cui questi embrioni sono stati realizzati, che – come quasi sempre nella ricerca biomedica – è buono. In questo caso, a detta degli studiosi, è triplice: acquisire conoscenze più precise sui meccanismi cellulari e molecolari che presiedono all’istogenesi e organogenesi embrionale; suggerire possibili interventi terapeutici genetici e/o cellulari per malattie congenite da difetti dello sviluppo embrionale precoce; comprendere e prevenire le cause dell’elevato numero di aborti spontanei peri- e post-impianto legati a difetti dell’annidamento o della placentazione. Conoscere, curare e prevenire sono finalità moralmente positive e degne di essere perseguite. Tuttavia la bontà o la malizia di ogni azione quotidiana, così come di un intervento in laboratorio o nella clinica, non dipende solo dallo scopo cui mira (come vorrebbe un’analisi meramente consequenzialista dell’agire umano, in cui il fine giustifica comunque i mezzi usati) ma anche dalla natura del soggetto/oggetto su cui l’azione viene compiuta, dal metodo e dagli strumenti adottati, e dagli eventi avversi o negativi che da questa azione conseguono sempre o talvolta, e che non è possibile escludere.
Come sono stati ottenuti questi organismi umani in sviluppo embrionale precoce? Cosa ha comportato inevitabilmente tutto questo? Chi o cosa sono queste realtà embrionali, cosiddette “sintetiche”, create in laboratorio? Quale è il loro destino al termine dell’esperimento? La risposta alle “domande biotecnologiche” non è estranea per dare una risposta a quelle etiche e giuridiche.
I fatti. L’embriogenesi è stata indotta in cellule staminali embrionali umane (h-Esc) riprogrammate mediante coltura in appositi terreni liquidi in grado di riportarle allo stato cosiddetto naïve (primitivo), quello della pluripotenzialità necessaria per differenziarsi successivamente in tutte le linee cellulari che formeranno i tessuti e gli organi del corpo umano embrionale, fetale e adulto. Le h-Esc utilizzate provengono da linee di h-Esc commerciali o sono isolate ad hoc da embrioni umani ottenuti da fecondazione in vitro e non trasferiti in utero per la procreazione medicalmente assistita. In entrambi i casi, questo comporta sempre la soppressione intenzionale di numerosi embrioni umani “naturali” (per i quali non vi è alcun dubbio scientifico che si tratti di veri e propri embrioni).
L’incubazione di queste cellule “h-Esc naïve” nel mezzo di coltura ex utero (Eucm) messo a punto per gli embrioni di topo, in una atmosfera di ossigeno e anidride carbonica modulata da una piattaforma elettronica, ha sviluppato un mini-organismo che ha raggiunto lo stadio della gastrulazione con formazione delle prime linee cellulari differenziate che danno origine, nell’embrione umano generato “naturalmente”, a tutti i tessuti embrionali e a quelli degli annessi (incluse le cellule germinali primordiali del sacco vitellino, osservate anche negli embrioni “sintetici”, da cui discenderanno gli ovociti o gli spermatozoi del nascituro quando sarà sessualmente maturo). Se lo sviluppo fosse stato lasciato continuare in condizioni idonee – come negli analoghi esperimenti sul topo del 2022 – si sarebbe giunti a vedere la formazione degli abbozzi del tratto gastrointestinale, del cuore a due camere e del cervello.
La scelta degli stessi ricercatori di designare come embrioni umani “sintetici” (hs-Embryos; hsE) questi piccoli organismi in corso di sviluppo tipicamente embrionale, dotati di un genoma interamente umano e di cellule identiche a quelle embrionali umane (perché generate da h-Esc di embrioni umani ottenuti da fecondazione) è significativa. In studi precedenti, in cui non si era ancora giunti a questo stadio di sviluppo, venivano usati termini come “assembloidi”, “blastuloidi” e “gastruloidi”. “Sintetico” non significa costruito a partire da macromolecole sintetizzate in un laboratorio chimico e di origine a-biologica, ma ottenuto con una procedura biotecnologica “artificiale” diversa sia dalla fertilizzazione (in vivo o in vitro) che dalla clonazione per trasferimento di nucleo in ovocita enucleato (Scnt).
L’inaccettabilità di questi esperimenti è fuori dubbio: essi comportano sia la distruzione di embrioni umani “naturali” per ottenere le h-Esc necessarie per generale quelli “sintetici”, sia la distruzione finale di questi ultimi. Come ha recentemente ribadito papa Francesco, in continuità con i suoi predecessori, non è un bene «creare embrioni in provetta e poi sopprimerli».