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Disforia di genere, il vento sta girando?

Avvenire - è Vita, la persona e la cura. L'inserto del giovedì
30 Settembre 2021

La Corte di Appello inglese chiarisce ancora una volta che è il consenso informato di un minore il terreno di scontro della 'questione transgender', in quello che è il suo snodo centrale: il blocco della pubertà nei ragazzini con disforia di genere. Parliamo della procedura medica che anticipa intorno ai 12 anni le transizioni di genere: la quasi totalità di coloro a cui vengono somministrati i farmaci bloccanti poi proseguono con gli ormoni crosssex e la chirurgia. La sospensione dello sviluppo puberale fa quindi parte integrante delle transizioni in adolescenza, ed è necessaria a chi vuole dimostrare che quella 'transgender' è una condizione connaturata all’umano, presente in tutte le età.

La ragazza britannica

Keira Bell, nata femmina, ha transizionato a maschio, inclusi ormoni e mastectomia, per poi rendersi conto che non era la risposta ai suoi problemi, ed è voluta tornare al genere di nascita, 'de-transizionando'. Ma i danni erano ovviamente irreversibili, e ha fatto causa alla Tavistock Clinic cui si era rivolta: il suo consenso al trattamento non era valido, era troppo giovane e inconsapevole delle conseguenze delle sue scelte. L’Alta corte Inglese nel dicembre 2020 le ha dato ragione, affermando che solo un giudice può stabilire la validità del consenso di un minore per questi trattamenti. La clinica ha a sua volta fatto ricorso e il 17 settembre ha vinto in appello, ma solo in parte, con una sentenza che toglie al giudice l’accertamento della validità del consenso riportandolo al medico, di cui però sottolinea con forza le responsabilità. Il verdetto ricorda che «i medici

potranno comunque essere oggetto di azioni disciplinari e civili quando, nei singoli casi, sorgessero problemi». Un freno comunque alle transizioni dei minori, visto il numero sempre più elevato, in tutto il mondo, di de-transitioners che non riescono a rimediare ai trattamenti irreversibili cui sono stati sottoposti, e che denunciano pubblicamente la loro condizione annunciando ricorsi e cause. Una battaglia che non si ferma.

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