IL FATTO La fine di Massimiliano
di DANILO POGGIO
Le cure palliative sono la risposta – concreta ed efficace – che la medicina deve dare a chi sente tutto il peso della disperazione. La storia di Massimiliano, il 44enne toscano malato di sclerosi multipla, morto in una centro specializzato svizzero qualche giorno fa ricorrendo al suicidio assistito, ha riacceso il dibattito sul fine vita. Ma, anche questa volta, poco spazio viene dato alla moltitudine di persone che chiedono invece di ricevere la migliore assistenza possibile davanti alla sofferenza. «Pare che la richiesta di eutanasia sia molto diffusa, ma è vero il contrario. I pazienti chiedono di vivere al meglio il tempo che hanno».
A ribadire ciò che tutti i palliativisti, in base alla loro esperienza, continuano a spiegare è Marcello Ricciuti, direttore dell’Hospice dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza e membro del nuovo Comitato nazionale per la bioetica. «Il suicidio – commenta – è una grande sconfitta del sistema sanitario, che dovrebbe offrire invece assistenza e supporto a tutti. Nessuno deve essere lasciato da solo con il proprio peso davanti alla sofferenza. Noi che siamo in hospice ogni giorno e vediamo migliaia di pazienti non riceviamo sostanzialmente mai richieste di andare a morire. E dobbiamo ricordare che le cure palliative non sono soltanto per dare sollievo agli ultimi giorni di vita o per i malati oncologici: sono molto utili anche nei casi di malattie neurodegenerative, come la sclerosi multipla, che prevedono una sopravvivenza ben più lunga. È importante che siano correttamente applicate, in modo precoce, prima di arrivare al punto di non essere più in grado di sopportare un peso divenuto ormai eccessivo».
Per l’équipe di cura la sfida è sedare tutti i tipi di dolori. Oltre alla sofferenza del corpo, vanno curati anche il dolore psicologico dell’ansia o della depressione, il dolore spirituale di chi si trova a interrogarsi sul dilemma della morte, o il «dolore burocratico» che deriva dalle difficoltà per la gravosità economica di un’assistenza costante al letto del malato. «Lavoriamo in squadra. Come medici – conclude Ricciuti –, abbiamo strumenti per arrivare quasi ad annullare il dolore fisico. E agiamo insieme a psicologi, assistenti spirituali e sociali, per dare risposte integrate ai pazienti e alle loro famiglie. Anche i volontari sono preziosi: con le terapie occupazionali arricchiscono il tempo della vita. La sfida è che le cure palliative siano offerte davvero a tutti, non a una percentuale ridotta rispetto a chi ne ha bisogno. In Italia abbiamo una buona legge, ma va ancora applicata integralmente ».
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Marcello Ricciuti, direttore di hospice: cosa occorre con pazienti che chiedono la morte