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Carenza infermieristica: la buona Università può fare la differenza

Incontro tra Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche e Conferenza dei Rettori delle Università italiane per una strategia comune in grado di recuperare attrattività alla professione infermieristica e arginare il fenomeno della carenza.
8 Luglio 2024

“Vogliamo rendere più attrattiva questa importante professione non solo economicamente ma anche con migliori prospettive di carriera. Un passo fondamentale in questa direzione è l’evoluzione della professione infermieristica verso le specializzazioni universitarie per rispondere alle sfide del futuro e per garantire un’assistenza sanitaria sempre più qualificata ed efficiente”.
Con queste parole il ministro della Salute Orazio Schillaci ha aperto, nel suo messaggio, l’incontro “Sfide e opportunità della professione infermieristica” organizzato da FNOPI (Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche) e CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane).

Un confronto istituzionale e un’occasione per illustrare le potenzialità della professione, le criticità persistenti e il ruolo cruciale rappresentato dalla formazione universitaria negli sviluppi futuri del Sistema Salute.
L’iniziativa si è posta come momento di analisi e raccordo tra ciò che chiedono i giovani per il proprio futuro e le risposte che può dare loro la professione infermieristica come scelta di vita.

Oggi la carenza di infermieri in Italia è di almeno 65.000 unità, secondo la Corte dei conti, ma nei prossimi dieci anni usciranno dalla professione per raggiunti limiti di età, rispetto al decennio precedente, almeno il quadruplo dei professionisti.

L’Italia è il Paese OCSE con meno infermieri per 1.000 abitanti: 6,4 contro una media europea di 9,5 ed è fanalino di coda (sempre nell’OCSE) per laureati in infermieristica ogni 100.000 abitanti: solo 17 contro una media di 48.

Senza un intervento strutturale in grado di ridare attrattività alla professione e di riequilibrare gli organici, la carenza non resta più un problema della professione, ma diventa del Paese e dei cittadini, perché senza infermieri non c'è futuro. Senza infermieri non c'è salute e non c'è assistenza per una popolazione sempre più anziana, fragile e sola.

“Le soluzioni strutturali possibili – ha sottolineato la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli - si basano su tre priorità: incremento della base contrattuale e riconoscimento economico e dell’esclusività delle professioni infermieristiche; riconoscimento delle competenze agite; evoluzione del percorso formativo universitario, con le specializzazioni”.

Per raggiungere gli obiettivi, le proposte FNOPI comprendono anche alcune modifiche normative.

La prima è alla legge 43/2006 che regolamenta le professioni sanitarie e stabilisce un ampliamento delle competenze prevedendo per gli specialisti una vera e propria laurea magistrale clinica.

In un percorso avviato con il Ministero della Salute, il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Consiglio Universitario Nazionale, la Conferenza dei Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie, sono state costruite le basi per arrivare all’attuazione di una revisione delle Lauree Magistrali con l’individuazione di tre aree di sviluppo specialistico: Cure primarie, Cure pediatriche e neonatali, Cure intensive ed emergenza.

Poi, fondamentale per garantire la qualità dell’insegnamento e della formazione sono l’applicazione e il monitoraggio delle linee di indirizzo e dei protocolli d’intesa Università-Regioni, con riconoscimento dell’attività degli infermieri dell’Servizio Sanitario Nazionale che erogano formazione.
In Italia, dall’anno accademico 2010-2011 la perdita di attrattività della professione legata alla scarsa retribuzione e all’impossibilità di un concreto sviluppo di carriera ha portato a una riduzione progressiva della domanda, a fronte dell’aumento di posti a bando per cercare di arginare la forte carenza infermieristica. Si è giunti a 23.627 candidati per 20.337 posti a disposizione, arrivando a 1,2 domande per posto, con Regioni, specie al Nord, che registrano anche meno di una domanda per posto.