UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA SALUTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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La salute e la puntura

Invece, un Samaritano
14 Ottobre 2022

Proprio mentre si celebrava la Giornata mondiale della salute mentale, il 10 ottobre, affiorava la storia drammatica di Shanti De Corte, la ragazza belga eutanasizzata secondo la legge, e su sua richiesta, perché depressa. Non ce la faceva più, ha chiesto allo Stato di farla morire, e lo Stato l’ha assecondata, con gelida efficienza. È giusto così? Non si può fare nulla quando chi non se la sente di vivere chiede di farla finita? La notizia è raggelante, e acuminati gli interrogativi che solleva. Cosa chiedono le tante Shanti che ci vivono accanto? (Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani). E cosa possiamo fare perché non si arrivi, di caso di cronaca in sentenza, a una soluzione simile anche da noi, come un’ineluttabile approdo?

La notizia impone a tutti una riflessione su cosa si vuole ottenere quando si parla di fine vita e di possibili esiti legali di casi in cui la sofferenza sia percepita come “intollerabile”. Non è un aggettivo a caso, perché è il termine usato dalla Corte Costituzionale indicando al Parlamento nella sentenza 242 del 2019 questo criterio tra i quattro per poter accedere – se e quando a una legge nazionale si arriverà – alla morte assistita. Davanti agli occhi, insieme al volto sorridente di Shanti dalla sua pagina Facebook, ci resta l’idea che mentre si parla di “salute mentale” invitando a prendersene cura c’è chi i problemi che pone pensa di risolverli con un’iniezione. L’ultima. (èv)

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